Due sfide e un obiettivo
Le comunità cristiane sinodali nascono come risposta a due sfide: la volontà di restare nel territorio custodendo anche le piccole parrocchie, ma, nello stesso tempo, tenendo conto della scarsità di preti, di cristiani e anche di risorse economiche.
Queste nostre fragilità non vogliamo subirle, ma affrontarle con un obiettivo preciso: rimanere una Chiesa presente là dove vivono i cristiani, ma anche viva e capace di annunciare il vangelo, di nutrire la fede di quelli che partecipano e anche di essere missionari verso coloro che per tanti motivi si sono allontanati.
La missione è l’orizzonte e l’obiettivo che ci sta davanti. Ci è chiesto non di custodire quello che resta del passato, ma, liberi da inutili e inconcludenti nostalgie, osare l’annuncio del vangelo oggi, continuare a nutrire e far crescere la fede e la vita cristiana di coloro che partecipano e il desiderio di essere credibili e far venire a molti la nostalgia di tornare a casa, cioè di riprendere a far parte della comunità dei discepoli del Signore.
Missionarietà per noi è passare dal modello della gestione dell’esistente a un modello che osa, propone, coinvolge i cristiani per farli crescere e diventare testimoni del vangelo oggi. Qualcuno, durante un incontro, ha fatto questa domanda che è la vera domanda: «Che vita cristiana proponiamo in questo contesto secolarizzato?».
Sono consapevole delle difficoltà che tutto questo comporta; ai preti è chiesto un sussulto di impegno e di passione per il regno; ai cristiani più vicini, sensibili e motivati, di crederci e di fare la loro parte di fronte a resistenze e campanilismi.
Non vogliamo essere custodi di un museo, ma riprendere ad annunciare il vangelo ed essere una Chiesa viva. Non vogliamo perdere il radicamento nel territorio che trova in molte piccole parrocchie una ricchezza da non disperdere, ma vogliamo che anche chi vive in queste piccole realtà possa nutrirsi di un cibo solido per la loro vita cristiana.