Le letture di questa domenica ci invitano a riflettere sul valore della preghiera perseverante e sulla fede che resiste nel tempo.
Nel Vangelo di Luca (18,1-8) Gesù racconta una parabola semplice ma potente: una vedova, figura debole e socialmente marginale, ottiene giustizia da un giudice corrotto solo grazie alla sua insistenza. Non è la bontà del giudice a prevalere, ma la perseveranza della donna.
Gesù conclude con una domanda provocatoria: “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” È un invito personale a chiederci: la nostra fede è fatta di parole o è nutrita da una fiducia costante in Dio, anche quando le risposte sembrano tardare?
In Es 17,8-13 si racconta di Israele che combatte contro Amalèk, ma la vittoria non dipende solo dalla forza militare: è legata alla preghiera di Mosè, che alza le mani verso il cielo. Quando si stanca, vengono in suo aiuto Aronne e Cur.
È un’immagine della comunità che sostiene chi prega, e del legame profondo tra l’azione e la fede.
Nella seconda Lettura (2Tim 3,14-4,2) Paolo esorta Timoteo a perseverare nella Parola di Dio, fonte di sapienza e via alla salvezza. In un mondo in cui si cercano parole che fanno comodo, il cristiano è chiamato ad annunciare la verità con pazienza e coraggio, anche quando non è popolare.
insegnamento catechistico
Il cristiano prega ogni giorno con costanza, come la vedova,
perché ha fiducia nell’amore di Dio che ascolta.
Prega personalmente ma anche in comunità, come Mosè,
perché il Signore ascolta chi si accorda per chiedergli qualcosa.
Non si stanca e non si abbatte se le cose non vanno come vorrebbe lui
e trova grande forza nella Parola di Dio.
