Cristo è la nostra speranza

Il Logo del Giubileo rappresenta quattro figure stilizzate per indicare l’umanità proveniente dai quattro angoli della terra. Sono una abbracciata all’altra, per indicare la solidarietà e fratellanza che deve accomunare i popoli. Si noterà che l’aprifila è aggrappato alla croce. È il segno non solo della fede che abbraccia, ma della speranza che non può mai essere abbandonata perché ne abbiamo bisogno sempre e soprattutto nei momenti di maggiore necessità. È utile osservare le onde che sono sottostanti e che sono mosse per indicare che il pellegrinaggio della vita non sempre si muove in acque tranquille. Spesso le vicende personali e gli eventi del mondo impongono con maggiore intensità il richiamo alla speranza. È per questo che si dovrà sottolineare la parte inferiore della Croce che si prolunga trasformandosi in un’ancora, che si impone sul moto ondoso. Come si sa l’ancora è stata spesso utilizzata come metafora della speranza. L’ancora di speranza, infatti, è il nome che in gergo marinaresco viene dato all’ancora di riserva, usata dalle imbarcazioni per compiere manovre di emergenza per stabilizzare la nave durante le tempeste. Non si trascuri il fatto che l’immagine mostra quanto il cammino del pellegrino non sia un fatto individuale, ma comunitario con l’impronta di un dinamismo crescente che tende sempre più verso la Croce. La Croce non è affatto statica, ma anch’essa dinamica, si curva verso l’umanità come per andarle incontro e non lasciarla sola, ma offrendo la certezza della presenza e la sicurezza della speranza.

Il cristiano è un essere che vive in tensione verso ciò che è bene, vero e bello; vive in costante slancio verso il futuro. È sempre proiettato in avanti. Possiamo affermare che ogni cristiano è “un futuro”; egli non tende ad avere sempre di più, ma ad essere sempre di più; è in perenne pellegrinaggio verso ciò che è meglio. Il protagonista della nostra speranza è Cristo Gesù in quanto ci inserisce nella comunione di vita con se stesso e ci rende partecipi dei suoi doni: ci chiama alla fede e alla carità; ci rende suoi fratelli; ha per ognuno un intenso amore salvifico e, fin d’ora, ci fa partecipi della vittoria della risurrezione. In tutta la sua vita tra noi, Gesù ha irradiato gioia e speranza; ha umanizzato le strutture; ha alleviato situazioni; ha liberato dal male. E tuttavia niente è automatico nella vita spirituale, ma tutto dipende dal “come “ci riportiamo a lui. Si tratta di fare appello al nostro impegno come concreta quotidiana risposta ai suoi doni: evitare decisamente il peccato, avere un cuore puro e ben disposto nei confronti del Signore, coltivare diligentemente il dono della speranza, tendere al continuo impegno di migliorare se stesso e testimoniare le proprie scelte di vita cristiana senza compromessi. Pertanto il cristiano conduce la sua esistenza tra il “già” e il “non ancora”: già siamo entrati nell’ultimo periodo della storia, ma non ancora è concluso; già viviamo e beneficiamo della presenza di Cristo, ma non ancora viviamo il Cristo totale; già è presente nel tempo l’eternità di Dio, ma non ancora la viviamo in pienezza.