Apertura solenne dell’Anno Giubilare: l’indulgenza

Papa Francesco nella Bolla con cui ha indetto il Giubileo parla dell’indulgenza come traduzione dell’infinita e immeritata misericordia di Dio che vuole la salvezza di tutti gli uomini. Ce lo ricorda il salmo: «Egli perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue infermità, salva dalla fossa la tua vita, ti circonda di bontà e misericordia» (Sal 103).

Quando noi ci accostiamo al sacramento della penitenza e con umiltà e sincero pentimento confessiamo i nostri peccati, Dio li perdona. La confessione sacramentale è un passo decisivo nell’anno giubilare. Nel gesto sacramentale dell’assoluzione la “colpa” viene perdonata.

Ma tutti sperimentiamo che il nostro peccato, benché perdonato, porta con sé degli effetti, rimangono delle scorie interiori ma anche esteriori. Il mio cuore non sempre torna tutto a Dio, ma rimane una distanza tra i miei pensieri, le mie inclinazioni, la debolezza della mia volontà e Dio; rimane un attaccamento malsano alle creature, la debolezza della nostra volontà, le inclinazioni e tendenze disordinate, le cattive abitudini. Quel peccato, benché perdonato, ci ha infiacchito, siamo stati guariti ma siamo ancora convalescenti. «Il penitente soffre nel constatare ancora presente in sè come una divisione tra la consapevolezza di essere già stato perdonato e riconciliato con Dio e il sentirsi ancora attratto da quel peccato».

Giovanni Paolo II ricordava che «anche dopo l’assoluzione rimane una zona d’ombra, dovuta alle ferite del peccato, all’imperfezione dell’amore nel pentimento, all’indebolimento delle facoltà spirituali, in cui opera ancora un focolaio infettivo di peccato, che bisogna sempre combattere con la mortificazione e la penitenza».

Il peccato, nonostante sia stato perdonato nella confessione, lascia quindi dei segni che sono una “pena” da portare, una ferita che portiamo con noi e che pure ha bisogno di essere perdonata e purificata su questa terra o dopo la nostra morte per poterci presentare a Dio santi e immacolati nella carità (Ef 1,4). Troviamo qui il fondamento della preghiera per i defunti e l’Eucaristia offerta per loro perché Dio purifichi tutto quello che impedisce la visione di Dio. E troviamo qui anche la dottrina del Purgatorio.

L’amore di Dio è più grande di tutti i nostri peccati. Cristo è la nostra indulgenza, scriveva Paolo VI, e il Giubileo ha il volto di Gesù che ci prende per mano e ci aiuta ad andare oltre il male fatto e a purificare anche i suoi residui.